Un'immagine della manifestazione per il clima dello scorso 27 settembre a Roma (foto LaPresse)

Rosina ci spiega perché è giusto dare il voto ai sedicenni

Nicola Imberti

Il demografo della Cattolica: “Possiamo confrontarci sulla modalità, ma l'idea di mettere i giovani nelle condizioni di fare le proprie scelte è sicuramente giusta”

Il rischio di trovarsi davanti a una generazione “senza voce” Alessandro Rosina lo aveva già denunciato nel 2009 con il suo saggio “Non è un paese per giovani” (che, per l'appunto, aveva come sottotitolo “l'anomalia italiana: una generazione senza voce”). Un testo che si apriva con una citazione di Edmondo Berselli: “A lungo si è detto che con il debito pubblico stavamo ipotecando il futuro dei nostri figli. Evidentemente non bastava: noi siam fatti così, le nuove generazioni ci piace rapinarle”. 

  

Sono trascorsi dieci anni. L'Italia non cresce e continua a discutere del peso del proprio debito pubblico. I dati sull'occupazione e le continue riforme del sistema pensionistico ci mostrano che il “futuro dei nostri figli”, probabilmente, è stato più che ipotecato. Nel frattempo, però, i giovani scendono in piazza, organizzano cortei per “salvare il pianeta” e qualcuno (Enrico Letta su Repubblica) lancia la proposta: diamo il voto ai sedicenni. Luigi Di Maio applaude: “Discutiamone subito in Parlamento, perché queste sono le riforme costituzionali che cambiano le prospettive di un Paese e che ci spronano a fare sempre meglio”. Anche Giuseppe Conte concorda: “Abbassare la soglia per votare a 16 anni per me va benissimo. Ci sta. In altri ordinamenti già lo fanno. Non è iniziata ancora una riflessione di governo ma potremmo farla: anzi forse sarebbe più utile che la si facesse in sede parlamentare”. E Nicola Zingaretti non è da meno: “Sono da sempre favorevole al voto ai sedicenni. La passione civile di tante ragazze e tanti ragazzi che incontro tutti i giorni rafforzano questa idea. Ora è tempo!”. Ma è veramente la riforma di cui il paese ha bisogno?

 

“Possiamo confrontarci sulla modalità - dice Rosina al Foglio - ma l'idea di mettere i giovani nelle condizioni di fare le proprie scelte è sicuramente un'idea giusta”. Dopotutto, ricorda il professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano (dove è anche direttore del Laboratorio di statistica applicata alle decisioni economico aziendali) e coordinatore del “Rapporto giovani” dell’Istituto Giuseppe Toniolo, “ci sono due elementi di cui dobbiamo tenere conto”.

 

“Il primo è che nel nostro Paese, in questo secolo, c'è stato un ribaltamento: la generazione degli over 65, dal punto di vista demografico e del peso all'interno del corpo elettorale, ha superato quella dei 18-34 anni. La seconda è che le scelte che facciamo oggi avranno sempre di più delle ricadute sulle generazioni che verranno. La domanda quindi è molto semplice: ammesso che un elettore over 65 voti tenendo conto di queste ricadute, è veramente in grado di comprenderle fino in fondo? È veramente in grado di fare proprie istanze e preoccupazioni dei più giovani?”

 

Per Rosina, insomma, “bisogna aiutare i giovani a diventare soggetti attivi nella costruzione del futuro. L’abbassamento del voto potrebbe diventare l’occasione per un piano di potenziamento, nelle scuole e non solo, della formazione alla cittadinanza attiva. Capire di più per agire ed esercitare un ruolo attivo all'interno della società”. Insomma voto sì, ma soprattutto “consapevolezza e responsabilizzazione”. E se il laboratorio in cui cominciare a sperimentare questo percorso potrebbero essere le elezioni amministrative, per Rosina non esiste momento più adatto: “Le manifestazioni sul clima ci mostrano una tensione delle giovani generazioni, e non solo, verso il futuro. Una voglia di contare di più e poter esprimere la propria opinione. È un momento interessante e sarebbe importante che la società decidesse di investire, di dare fiducia a questi ragazzi. Certo poi toccherà a loro giocarsi al meglio l'occasione che gli è stata offerta. Ma meglio sbagliare a 16 anni e arrivare maturi a 18 che rimanere immaturi fino al raggiungimento della maggiore età”.

 

Non pensa che che in questo modo si rischi di abbassare ulteriormente il livello della domanda e quindi dell'offerta politica nel nostro paese? “Non mi sembra che la classe dirigente che abbiamo avuto finora, eletta solo dai maggiorenni, ci abbia consegnato un paese migliore. Peraltro torno a sottolineare che un over 65 vota soprattutto per il presente, difficilmente immagina le ricadute che le sue scelte potranno avere nel futuro. Nessuno più di un sedicenne è in grado di conoscere la visione del mondo dei suoi coetanei, le loro istanze e di farsene portavoce. A noi spetta il coraggio di metterli in gioco. Dopotutto se a 16 anni è possibile lavorare e pagare le tasse, perché si dovrebbe essere esclusi dalla possibilità di migliorare il mondo che verrà, di incidere sul futuro? Certo, come ho detto, questo deve coincidere con una maggiore consapevolezza, altrimenti rischia di essere irrilevante. Ma i sedicenni che scendono in piazza non stanno ragionando con la testa dei loro genitori, vogliono dire la loro idea, incidere nella società. Il clima è ovviamente un laboratorio, ma siamo di fronte a una cittadinanza attiva che, secondo me, può migliorare la domanda e, quindi, l'offerta politica. Dobbiamo fornire ai giovani maggiori e migliori strumenti per sentirsi parte attiva di un paese che cresce per loro e con loro”.

 

Cosa risponde a chi dice che, in fondo, è solo un'operazione strumentale per conquistare fasce di consenso? “Che è un rischio. Che c'è sempre il rischio della strumentalizzazione dei giovani e del loro voto. Anche oggi. Tantissime proposte elettorali vengono fatte solo per ottenere il voto di alcune generazioni. Abbiamo visto politici presentarsi alle elezioni come rappresentanti dei giovani e poi arrivare a Palazzo Chigi e dimenticarsi completamente di loro. Insomma non vedo più rischi di quelli che abbiamo già corso”.

 

Non crede che, aprendo al voto ai sedicenni, poi andranno rivisti anche altri diritti e doveri che oggi sono legati alla maggiore età? Non c'è il rischio che, dopo il voto, i sedicenni diventino maturi anche per altro? “Sinceramente separerei le due sfere e non porterei a un livello più basso diritti e doveri che oggi si ottengono a 18 anni. Anche perché stiamo comunque parlando di una riforma a costo zero e che, dal punto di vista elettorale, non inciderà che in maniera minimale. Dare il voto ai sedicenni non ribalterà il processo che si è innescato in questi anni. Stiamo solo compensando in minima parte il peso dell'elettorato under 35. Si tratta di un segnale simbolico che non altererà nulla. Ma si tratta di un segnale di fiducia di cui l'Italia e le giovani generazioni hanno bisogno”.

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